OSCAR PER OBAMA

di Israel Shamir

dal sito www.israelshamir.net

Traduzione di Gianluca Freda su BLOGGHETE

Il discorso di Obama al Cairo è stato un’opera di straordinaria bellezza. Presentava la miglior produzione, il miglior attore, la migliore sceneggiatura che si sia mai vista da molti anni, meritava l’Oscar degli Oscar. Le elite di potere americane si sono spremute le meningi e hanno tirato fuori il miglior leader possibile per ristabilire l’immagine sgualcita del loro paese. Obama è un modello di leader di nuova generazione, non ancora reperibile all’estero. E’ un grande oratore, è pieno di carisma, alto, magro, giovane. Ha dimostrato che: yes, they can. La nostra amica ed ex candidata alla presidenza, Cynthia McKinney, ha così spiegato il fenomeno Obama: “Le cose non funzionano così nella politica americana, né probabilmente nella politica di nessun luogo del mondo; un illustre sconosciuto non arriva al Senato senza opposizione e poi si candida alla Casa Bianca due anni dopo. Semplicemente non funziona così. A meno che non sia stato pianificato”.

A quanto sembra, Obama è stato pianificato per fare pace con il mondo musulmano. Un presidente americano non è un dominatore onnipotente: è piuttosto un attore, scelto da produttori e registi che restano dietro le quinte, per recitare questo importante ruolo. Non scrive i propri discorsi più di quanto Leonardo Di Caprio possa scrivere il monologo di Romeo. Non può neppure decidere la propria politica. E’ per questo che le sue parole e le sue azioni sono importanti: esse rappresentano la volontà di cambiamento delle elite di potere. Questo cambiamento sarà necessariamente lento, visto che la pesante corazzata americana non può cambiare direzione di punto in bianco.

In questa fase di cambiamento e di priorità che si modificano in continuazione, è evidentemente difficile prevedere i prossimi sviluppi, poiché essi dipendono anche da noi. Il mondo ha bisogno di un’America che guardi di più al proprio interno, ma anche un’America meno aggressiva sarebbe un passo avanti. Guardando indietro, l’ostilità americana verso il mondo musulmano esplose nel 2001, ebbe il suo culmine nel 2003, ora ha fatto il suo decorso e sembra essere conclusa. Questi anni di guerra contro l’Islam non sono stati particolarmente piacevoli o redditizi per l’America. E’ giunto oggi il momento di modificare le priorità. Il cacciatore di aquiloni, bestseller di Khaled Hosseini, ha offerto una nuova interpretazione della realtà: il protagonista del romanzo è un musulmano per nascita e tradizione che odia il clero musulmano, ama il whisky, ama l’America e Israele e odia la Russia. Il cattivo del romanzo ama Hitler, è pedofilo e stupratore, e – naturalmente – è un militante talebano. La persecuzione di una minoranza etnica è l’equivalente locale della storia ebraica. Questo libro offre ai musulmani non religiosi la possibilità di integrarsi nell’immaginario americano.

Perché no? Gli Stati Uniti sono una nazione politica, non etnica, e i musulmani possono esservi accettati e spesso lo sono. Per quanto i non americani immaginino spesso le elite americane composte da WASP e da ebrei, fra esse vi è in realtà gente di ogni sorta, immigrati provenienti da ogni paese. Ciò rappresenta una fonte di potere: l’America riesce a trovare facilmente un russo per parlare con i russi o un cinese per parlare con la Cina. I musulmani se la passano bene in America, alcuni di essi sono immensamente ricchi.

Questa svolta implica il ridimensionamento della Lobby Ebraica. L’ala destra del sionismo ebraico ha abusato troppo a lungo della pazienza americana. Essa ha sopravvalutato la propria presa su questa amministrazione. La rimozione di Charles Freeman [candidato da Obama alla presidenza del National Intelligence Council e poi costretto a ritirarsi a causa delle pressioni delle lobby, NdT] è stata la loro ultima vittoria di Pirro. L’arrivo di Netanyahu che, con occhi scintillanti, predicava l’Amalek [parola ebraica che indica una minaccia all’esistenza stessa del popolo eletto, NdT] è stato un passo ulteriore verso la loro disfatta. “Amalek” è una parola in codice per chiamare al genocidio, una scorciatoia per chiedere ad Obama di sterminare gli iraniani fino all’ultimo bambino e all’ultimo gatto. Era troppo anche per il paziente Obama.

Così un sogno è diventato realtà: dopo un lungo dominio da parte del centrodestra ebraico, ora le posizioni d’influenza sono passate nelle abili mani della sinistra ebraica. Non crediate che le loro posizioni siano anti-israeliane. Certo, la destra ebraica americana e israeliana odia Obama. Ma alla sinistra israeliana è piaciuto quel discorso: avrebbe potuto essere stato scritto da Yossi Sarid o da Uri Avnery. E’ piaciuto anche alla J-Street, lobby ebreo-americana di sinistra.

Non dovrebbe essere una grossa sorpresa. In un’intervista rilasciata un anno fa a un giornale israeliano, Obama aveva citato Il vento giallo di David Grossman come il libro che aveva influito sulla sua visione delle cose. Si tratta di un libro splendido, probabilmente il miglior libro di non-fiction mai scritto da un autore ebraico sulla situazione attuale, in cui vengono descritti gli orrori del dominio dei coloni nei territori occupati. Grossman è un’icona del sionismo di sinistra, fondatore dell’ala sinistra del Meretz-Yachad, partito di sinistra. La divergenza fra America e Israele, fra il grande e il piccolo stato ebraico, è ora un fatto compiuto: Barak Obama e la sua amministrazione si sono posizionati a sinistra del centro, mentre Israele e i suoi sostenitori negli Stati Uniti si trovano a destra del centro.

Si dice che qualche anno fa Ariel Sharon, allora primo ministro d’Israele, abbia affermato che il Popolo Ebraico controlla l’America. Dopo le ultime elezioni, il Ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, aveva interpretato questa massima come “Israele controlla l’America”. Era stato troppo ottimista e troppo semplicistico. Forse gli ebrei americani occupano molte posizioni di potere, forse hanno molto a cuore lo stato ebraico del Medio Oriente, ma hanno comunque le loro priorità: l’America è più importante e non intendono perderla a causa dei loro cugini d’oltreoceano.

Nel 2001 avevo paragonato gli ebrei americani alla sorella maggiore de Il grande sonno di Raymond Chandler, la quale funge da copertura ai crimini della sorella più piccola. Voi probabilmente ricorderete il film, uno dei migliori film americani di ogni tempo, scritto da William Faulkner, diretto da Howard Hawks, interpretato da Humphrey Bogart e Lauren Bacall. Protetta dalla copertura, la sorella più giovane inizia a credere di possedere l’immunità e scatena la sua furia omicida. Ma alla fine i suoi crimini mettono a rischio la posizione, apparentemente sicura, della sorella maggiore. Così la preoccupata Lauren, senza perdere un minuto, chiama Bogart per mettere le redini alla sorella impazzita, prima che distrugga il casato per accontentare i suoi ciechi sostenitori. Otto anni dopo, ecco arrivare Bogart Obama.

Non aspettatevi che gli ebrei americani si mettano a piangere e scappino in Israele. La posizione degli ebrei negli Stati Uniti resta forte e Obama ha reiterato, in versione lite, il loro immaginario sionista: dopo l’Olocausto di sei milioni di ebrei (e guai a chi osa metterlo in dubbio!), il popolo ebraico, provato da lunga sofferenza, giunse nella terra dei propri antenati e i legami dell’America con esso sono “indistruttibili”. In ogni caso, l’ala destra della Lobby Ebraica, o “Likud Americano”, come si usava chiamarlo, ha subìto una sconfitta. Oggi possiamo affermare che la disfatta di Bernie Madoff non è stata un incidente, ma un attacco diretto alle capacità della destra ebraica di influire sulla politica: molti individui e molte organizzazioni dell’ala destra ebraica hanno perduto il surplus di denaro che serviva loro per intrallazzare.

Un nuovo colpo d’avvertimento è stato sparato qualche giorno fa, quando un sopravvissuto all’attacco israeliano del 1967 alla USS Liberty è stato insignito della Stella d’Argento al valor militare, come già riportato. I principali media americani (in gran parte posseduti e diretti da ebrei) hanno intenzionalmente omesso questa notizia, come si può notare inserendo su Google le parole “silver star Halbardier”. Il lettore attento troverà la notizia su un sito americano d’informazione militare, ma questo è tutto. Il lettore o telespettatore medio americano sarà privato di questa notizia, benché essa sia degna di rilievo, cavolo se lo è: dopo averlo negato per quarantadue anni, gli alti papaveri americani hanno ammesso che il loro migliore alleato, Israele, ha intenzionalmente e deliberatamente attaccato con siluri ed aerei da guerra una loro nave di sorveglianza, uccidendo e ferendo due terzi dell’equipaggio, mentre il presidente Lyndon B. Johnson copriva il massacro e lasciava correre.

Il silenzio dei media è stato importante quanto la notizia: è servito ad avvertire l’amministrazione di agire in accordo con i signori dei media; altrimenti le sue azioni non raggiungeranno mai il pubblico americano. Nonostante il suo blog e i suoi contatti informali con centinaia di migliaia di americani, Obama non possiede alcuno strumento per parlare in modo efficace ai suoi cittadini, se non attraverso i media. E i media di destra possono essere nemici crudeli, come attesta questo articolo del NY Post.

Molti amici della Palestina, compreso Noam Chomsky, hanno trovato delle pecche nel discorso del Cairo. Di certo Obama non si è spinto tanto in là quanto avrebbe voluto. I suoi sostenitori sono sionisti in versione lite, non indifferenti gentili. E’ già stupefacente che sia riuscito ad arrivare a tanto. Ha promesso di ritirare le truppe da Iraq e Afghanistan, di ricostruire l’Afghanistan, di destinare fondi per il suo sviluppo. Ha confermato che l’Iran ha il diritto di utilizzare l’energia nucleare per scopi pacifici. Ha invitato Israele a confrontarsi con i palestinesi su un piano di giustizia. Lasciamo che sopravviva a questo discorso e che continui a fare pressioni. Certo, Obama è stato accuratamente progettato e pubblicizzato dalle elite, ma questo non vuol dire che non possieda libero arbitrio. Molti re e molti capi di stato sono stati eletti grazie al denaro e all’influenza degli ebrei, per poi modificare il proprio atteggiamento. Josip Stalin divenne capo dell’Unione Sovietica grazie a Kamenev e Zinoviev, due potenti ebrei bolscevichi, ma qualche anno dopo li fece fucilare e la Lobby Ebrea sovietica dovette abbassare un po’ la cresta. Questo può succedere anche con Barak Obama.

Commenti

Antonio ha detto…
come al solito post interessante

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