Ratzinger e l’olocausto della memoria

28 gennaio 2009, di Pino Corrias

La più efficace (benché involontaria) celebrazione del Giorno della Memoria - dedicato al ricordo dei 6 milioni di donne, uomini e bambini rastrellati dalla macchina di sterminio nazista in tutta Europa tra il 1941 e il 1945, imprigionati nei campi, denudati, umiliati, uccisi con il gas, la fame, la fatica, i patiboli, il fuoco dei forni crematori - l’ha offerta in queste ore il papa tedesco Joseph Ratzinger, cancellando la scomunica al vescovo Richard Williamson, quello che considera i lager “una invenzione degli ebrei”. Quello che ricalcola le dimensioni dell’Olocausto in una misura per lui di evidente tollerabilità cristiana: “Di ebrei ne saranno morti al massimo due o trecento mila”. Quello che neanche sa bene dove sia avvenuto questo trascurabile evento, dato che “le camere a gas non sono mai esistite”.

Benedetto XVI lo riaccoglie come un figliol prodigo. Insieme con gli altri vescovi seguaci di monsignor Lefebvre che vennero prima sospesi a divinis da Paolo VI e poi scomunicati da Papa Woytila nel 1988. Tutti ultraconservatori. Nemici del Concilio Vaticano II. Ostili al dialogo con le altre religioni. Strenui difensori di ogni embrione non nato, ma genuflessi a quel Dio dell’intolleranza e della guerra che benedice gli eserciti in marcia tra il sangue di uomini vivi, purché infedeli.

Il Papa li ha riabbracciati con un gesto che dovrebbe stupire il mondo non per la clemenza, ma per la resa. Che volta le spalle alla decenza, nega la verità, conduce al precipizio anche se rivestito di latino e oro. Per evitare il quale molte candele serviranno, a cominciare da quelle accese nel Giorno della Memoria.
Da: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/?r=85821

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