Geopolimeri: Il mistero del calcestruzzo romano rivelato.
Gli esperti in calcestruzzo si sono sempre chiesti come fare un calcestruzzo duraturo. Eppure molti antichi edifici romani in calcestruzzo sono ancor oggi utilizzati, dopo oltre 2000 anni. Per gli esperti del calcestruzzo moderno, i Romani erano costruttori "fortunati" perché avevano apparentemente per caso usato depositi di pozzolana naturale, che si trovò essere adeguata a produrre una malta idraulica. Contrariamente a questa ipotesi, la nuova traduzione dei 10 libri dell'autore latino Vitruvius “sulla Architettura” (1° secolo a. C.) dimostra che la splendida qualità del calcestruzzo romano deriva dall'utilizzo di malta pozzolanica artificiale e di calcestruzzo. Due tipi di pozzolane artificiali erano fabbricate nell'antica Roma:
- Argilla caolinitica calcinata, in latino testa
- Pietre vulcaniche calcinate, in latino carbunculus
Vedere: Le malte di pozzolana artificiale di Vitruvio
Oltre a questi ingredienti reattivi artificiali, i Romani usavano una sabbia vulcanica reattiva naturale chiamata harena fossicia a torto tradotta "sabbia di fosso". Gli ingredienti testa, carbunculus et harena fossicia sono stati intensivamente usati nelle costruzioni romane. Ma questi ingredienti reattivi non devono essere confusi con la pozzolana tradizionale di cui il nome è originario della città di Pozzuoli, vicino Napoli (Vesuvio). Secondo il libro di Vitruvius v.12, la pozzolana tradizionale è stata esclusivamente usata per la fabbricazione dei moli di scalo dei porti o per le fondazioni dei ponti, mentre l'harena fossicia, carbunculus e testa hanno prodotto un calcestruzzo per le costruzioni sulla terra.
La tecnologia del calcestruzzo romano era più efficace della costruzione tradizionale con la pietra tagliata. La tabella seguente compara il tempo di costruzione per le cupole dei monumenti più famosi del mondo:
Tempo di costruzione per le cupole fatte in calcestruzzo o in pietra tagliata |
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Il Pantheon a Roma e la Cupola in calcestruzzo (destra).
Analisi dei Cementi Romani ad alta prestazione
Dallo scavo delle rovine romane antiche, si sa che approssimativamente il 95% dei calcestruzzi e delle malte che costituiscono gli edifici romani sono composte da un cemento di calce molto semplice, che si è indurito lentamente con l'azione della precipitazione del diossido di carbonio CO2, proveniente dall'atmosfera. È un materiale tenero che è stato usato principalmente nella fabbricazione di fondazioni ed in edifici per il popolo. Ma per la costruzione dei loro “opere d'arte", gli architetti romani non hanno esitato ad usare ingredienti più sofisticati e costosi. Questi notevoli cementi romani sono basati sull'attivazione calcica di aggregati ceramici (testa) e di ricchi tufi vulcanici alcalini (cretoni, pozzolane) uniti con la calce. L'eccesso di calce che non ha reagito chimicamente, si ritrasforma lentamente in carbonato (Ca) a contatto del gas carbonico dell'aria. L'analisi mineralogica convenzionale non fornisce una spiegazione soddisfacente sul meccanismo d'indurimento. A seguito di un'analisi spettroscopica MAS-NMR di questi cementi archeologici, si è arrivato a distinguere due cementi romani archeologici geopolimerici, che datano al 2° secolo d.C., vedere l'analisi scientifica su questi cementi romani ad alto rendimento nell'articolo numero 28 degli atti del congresso di Geopolimeri '99 e negli Archeo-analoghi. (in inglese)
Istituzioni d'ingegneria industriali civili, che lavoravano particolarmente ai problemi legati allo stoccaggio dell'acqua (serbatoi, acquedotti) hanno imposto un materiale molto efficiente ed una tecnologia speciale. Si sa che la tecnologia del cemento romano, termine tecnico generico di Opus Signinum, è ottenuta mescolando ceramiche schiacciate e filtrate, in latino testa, con la calce. Secondo l'autore romano Plinius (La Storia naturale, libro 35,165), questa tecnologia è stata riconosciuta come: "… una delle invenzioni più spettacolari dell'umanità…" L'ingrediente testa è una speciale ceramica in polvere, d'argilla caolinica calcinata (ossido di silicato d'allumino) e dunque identica all'ingrediente MK-750 (o kandoxi) dei cementi geopolimerici moderni. Abbiamo realizzato una spettroscopia NMR 29 Si e 27 Al su campioni di Opus Signinum che datano del 2° secolo d.C. i loro spettri sono identici a quelli dei cementi geopolimerici GEOCISTEM moderni.
Il secondo cemento romano implica l'utilizzo di pozzolana artificiale nominata in latino Carbunculus. L'analisi è stata effettuata su campioni di Ostia, 2° e 3° secolo della nostra era.
Vedere l'analisi scientifica su cementi romani in Archeo-simili. (in inglese)
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