TITTYTAINMENT. La trappola della Globalizzazione.


Condivido la mia ultima scoperta e vi invito a fare le vostre ricerche.

Per capire il vero obiettivo del Nuovo Ordine Mondiale, l'agenda dei padroni del mondo, le motivazioni nascoste, l'uso della psichiatria, i virus creati in laboratorio per utilizzarli come armi biologiche, le scie chimiche, l'impoverimento globale, le guerre, HAARP, il "mind control", i crack finanziari programmati...
basta capire il concetto di "tittytainment" e otteniamo una risposta a tutto questo!

La parola "tittytainment" è stato utilizzata nel 1995 da Zbigniew Brzezinski, membro della Commissione Trilaterale e ex consigliere del presidente Jimmy Carter, durante lo State of the worl Forum del 1995 , il cui obbiettivo era di prevedere le misure globali contro le future sfide che si sarebbero presentate all'umanità.
I presenti: Mikhaïl Gorbatchev, George Bush, Margaret Thatcher, Vaclav Havel, Bill Gates, Ted Turner, ecc.

Questi alti responsabili sono giunti alla conclusione che la definitiva e inevitabile soluzione ai mali della società globale fosse la formula "20:80":
solo il 20% della popolazione sarà sufficiente a sostenere e far funzionare la totalità dell'economia del pianeta.
L'80% della popolazione restante, essendo inutile, senza lavoro e senza risorse, avrà la scelta fra "mangiare o essere mangiati".

Zbigniew Brzezinski ha proposto la "tittytainment", derivato dalla parola "tits" (tette) e “entertainment” (intrattenimento), cioè l'allattamento al seno materno, gesto di condizionamento che rende il bambino dipendente dalla madre, per creare un sentimento di sicurezza, uno stato di sonnolenza e letargia!

Secondo la definizione di questo incestuoso-psicopatico, il "tittytainment" proporrebbe un miscuglio d'alimenti e psicologica, al fine di sedare le masse, di controllare la frustrazione, ed impedire qualsiasi tentativo di "svezzamento".

Questo semplice concetto di "tittytainment" fornisce una spiegazione assolutamente completo di tutte le machiavelliche ambizioni dell'élite mondiale, cioè sacrificare l'80% della popolazione mondiale , poiché solo il 20% è sufficiente per servire il loro ombelico infetto!

“L’attacco alla democrazia e al benessere” di Hans-Peter Martin e Harald Schumann, due redattori del settimanale Der Spiegel

A cura di Edo Dominici
29 Maggio 2008
In altra parte del sito si è parlato di questo libro che alcuni anni fà mi capitò di leggere, su suggerimento di Doppiafila.
Devo dire che allora, molte delle cose che leggevo mi sembrarono esagerate, fuori dal mondo, lontane da noi.

Il libro racconta un incontro avvenuto al Fairmont Hotel di S.Francisco dal 27 Settembre al 1 Ottobre del 1995.
Alla fine di quel settembre del 1995 l’elite del potere mondiale, 500 statisti, presidenti di multinazionali e scienziati di spicco, discutono a porte chiuse il XXI secolo.
Tre soli giornalisti, tra cui Hans-Peter Martin erano ammessi in tutti i gruppi di lavoro di quell’incontro al Fairmont.
Come una pietra di confine, il Fairmont Hotel segna il passaggio dall’età moderna al futuro.
“In questo ambiente, Michail Gorbaciov, uno dei pochi che ha personalmente contribuito a scrivere la storia, accolse l’elite del mondo.”
“Vecchi ed esperti timonieri del mondo come George Bush, George Schultz e Margaret Thatcher incontrarono i nuovi signori del pianeta, quali Ted Turner, il capo della CNN, che fonde le sue imprese con la Time Warner creando nell’ambito dei mezzi di comunicazione il gruppo più grande del mondo, o un magnate commerciale del sudest asiatico come Washington SyChip. Per tre giorni vogliono riflettere con la massima concentrazione, formando piccoli gruppi di lavoro con i global player del mondo informatico e finanziario, con i sommi sacerdoti dell’economia, con gli economisti delle università di Stanford, Harvard e Oxford. Economisti di Singapore e Pechino vogliono far sentire la loro voce quando è in gioco il futuro dell’umanità. Kurt Biedenkopf, il primo ministro della Sassonia, cerca di dare al dibattito qualche accento tedesco.
Nessuno è venuto per fare lo spaccone. Nessuno deve disturbare la libertà di parola; con grande impiego di mezzi l’assemblea viene protetta dai giornalisti invadenti.
Ai relatori sono concessi non più di cinque minuti per introdurre un argomento, nessuna zavorra retorica. Chi chiede la parola può parlare al massimo due minuti.
John Gage, top manager presso la Sun Microsystems, dà l’avvio al dibattito su “tecnologia e lavoro nell’economia globale”. La Sun Systems è considerata la nuova star della categoria. Essa ha sviluppato il linguaggio di programmazione “Java”. Le sue quotazioni a Wall Street hanno battuto tutti i record. Gage è conciso: “Da noi ognuno può lavorare finché vuole. I nostri collaboratori esteri non hanno bisogno di un visto”. E spiega che i governi e le loro prescrizioni non hanno più importanza per il mondo del lavoro. Dice di assumere i collaboratori che gli servono al momento; attualmente preferisce “buoni cervelli in India” che lavorano finché possono. “Assumiamo la nostra gente via computer, loro lavorano al computer e sempre via computer vengono buttati fuori”. “E’ semplice: scegliamo i più ingegnosi. Nel giro di 13 anni, da quando è stata fondata la nostra impresa, l’efficienza ha portato il nostro fatturato da zero a sei miliardi di dollari”.
David Packard, uno dei fondatori del gigante high-tech Hewlett-Packard rimane impassibile e con la massima lucidità pone la domanda centrale: “ Quanti impiegati ti servono davvero, John?”. “Sei, forse otto”, è la risposta asciutta di Gage. “Senza quelli saremmo spacciati. Va detto però che è indifferente in quale paese della Terra abitino”. “E quante persone lavorano attualmente per la Sun Systems?”. Gage”16.000. A parte un’esigua minoranza sono la nostra riserva di razionalizzazione”.
La risposta non suscita nessun mormorio tra i presenti; per loro la prospettiva di eserciti finora inimmaginabili di disoccupati è un dato scontato. Nessuno crede ancora che i mercati della crescita economica dei paesi finora benestanti possano offrire un numero sufficiente di posti di lavoro nuovi e pagati in maniera decente: secondo loro questi posti non ci saranno in nessun ambito della vita economica.
I pragmatici riuniti al Fairmont riassumono il futuro in una coppia di numeri e in un termine tecnico: “20:80” e “tittytainment”.
Secondo la loro previsione, nel prossimo secolo il 20 per cento della popolazione mondiale abile al lavoro sarà sufficiente per far funzionare l’economia mondiale.
“Non serve altra forza lavoro”, afferma il magnate Washington SyChip. Secondo lui basterà un quinto di coloro che cercano lavoro per produrre tutte le merci e per fornire tutti i servizi di alta qualità che la società mondiale si potrà permettere. Questo 20 per cento parteciperebbe quindi attivamente alla vita, al guadagnare e al consumare e non importa in quali paesi vivano i lavoratori. Viene ammesso che per esempio eredi benestanti potrebbero aumentare di qualche punto la percentuale dei fortunati.
E gli altri ? L’80 per cento dei disoccupati in ricerca attiva di lavoro? “Certo- risponde Jeremy Rifkin , autore del libro “La fine del lavoro”- l’80 per cento che resta fuori avrà problemi enormi”. E Gage rincara la dose: in futuro si tratterà “to have lunch or be lunch”, di mangiare o di essere mangiati.
Fatte queste premesse, il quotatissimo gruppo di discussione impegnato sul “futuro del lavoro” si limita a parlare di coloro che non avranno più nessun lavoro. Tra di essi vi saranno , secondo la ferma convinzione dell’assemblea, dozzine di milioni di persone che finora si possono sentire più vicine all’agiata quotidianità del S.Francisco Bay Area che non alla lotta per la sopravvivenza di chi non ha nessun lavoro sicuro.
Al Fairmont viene abbozzato un nuovo ordine sociale: paesi ricchi senza un ceto medio degno di nota, e nessuno solleva obbiezioni.
Intanto comincia la carriera del termine “tittytainment”. A introdurlo nella discussione è Zbigniew Brzezinski. Nato in Polonia, Brzezinski è stato per quattro anni consigliere per la sicurezza di Jimmy Carter, da allora si occupa di questioni geostrategiche.
“Tittytainment”, spiega Brzezinski, è un incrocio tra “entertainment” e “tits”, il vocabolo che nello slang americano indica il seno. Per Brzezinski la parola “tits” non si riferisce al sesso quanto al latte che sgorga dal seno di una madre.
La combinazione tra intrattenimento atto a intontire e un’alimentazione sufficiente – ecco la sua opinione – dovrebbe senz’altro bastare per tenere su di morale la popolazione frustrata del mondo.
Tra i manager comincia una sobria discussione sui possibili dosaggi e sulla questione di come il quinto benestante possa intrattenere il resto superfluo della popolazione.
Dal momento che le imprese devono affrontare la concorrenza mondiale, non sarebbe giusto chiedere ad esse di impegnarsi nel sociale; dei disoccupati dovrebbe occuparsi perciò qualcun altro. I partecipanti alla discussione ritengono che l’integrazione delle persone e un senso per la loro vita debbano provenire “dal vasto ambito dei servizi di volontariato, dell’aiuto reciproco tra vicini di casa, delle associazioni sportive e di altre associazioni di vario genere – queste attività potrebbero essere valorizzate con una modesta retribuzione,per promuovere così l’autostima di milioni di cittadini-“. In fin dei conti l’età industriale con il benessere delle masse non è che “un battito di palpebre nella storia dell’economia” come risulta dall’analisi del futurologo John Naisbitt.
Gli organizzatori dei tre giorni del Fairmont si vedono già sulla strada che conduce a una nuova civiltà, ma quella strada ci riporterebbe dritto dritto all’epoca premoderma.
La distribuzione del benessere e delle posizioni sociali prospettata per il nostro avvenire e quello dei nostri figli, non sembra più essere quella dei due terzi, già odiata da noi europei.
Il modello mondiale del futuro rispetta la formula “20:80”. Assistiamo al sorgere della società di un quinto, nella quale bisogna ricorrere al tittytainment per far star tranquilli gli esclusi.
Un’esagerazione fuori misura o l’attuazione di un piano del Bilderberg come sostengono alcuni

http://www.portametronia.it/2008/05/29/la-trappola-della-globalizzazione/

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