Saviano? E i 7 milioni di profughi palestinesi che non hanno beneficiato dell'ospitalità di Israele?
La risposta di Caterina Donattini al videomessaggio di Roberto Saviano durante l'evento "Per la verità per Israele":
Invito in Palestina - Lettera a Roberto Saviano
Caro  Roberto, ti scrivo da un uno dei molti campi profughi  palestinesi del  Medio Oriente, la vera verità di Israele, le sue  fondamenta… Ti scrivo  da Yarmuk, in Siria, dove mi trovo ora. I  Palestinesi che vivono qui  sono l’immagine vivente dell’ospitalità di  Israele, che tu hai lodato  qualche giorno fa.
Perché 100mila palestinesi sono qui ammassati e non nelle loro belle case di Haifa, Salfid, Nablus, Gerusalemme? Ti scrivo oggi, ma avrei voluto farlo da tempo, da quando cioè hai iniziato a pronunciarti su un argomento fisicamente lontano alla camorra ma pur sempre vicino a tematiche universali quali la giustizia e l’onore delle persone che desiderano vivere in giustizia: Israele.
Perché 100mila palestinesi sono qui ammassati e non nelle loro belle case di Haifa, Salfid, Nablus, Gerusalemme? Ti scrivo oggi, ma avrei voluto farlo da tempo, da quando cioè hai iniziato a pronunciarti su un argomento fisicamente lontano alla camorra ma pur sempre vicino a tematiche universali quali la giustizia e l’onore delle persone che desiderano vivere in giustizia: Israele.
Il 7  Ottobre scorso hai esplicitato le tue idee in proposito durante  il  discorso all’evento promosso da Fiamma Nirestein, Verità per  Israele.  Hai parlato di Tel Aviv quale città di tolleranza. Hai parlato  di  Israele quale accogliente democrazia sotto assedio. Ciò mi ha molto   colpito, davvero non capisco come un intellettuale del tuo spessore   possa pronunciarsi senza essersi prima documentato.
Ho vissuto in Palestina fino al luglio scorso, dal mio balcone potevo osservare i confini di Gilo, uno degli insediamenti illegali condannati dal diritto internazionale, quello dove la Signora Nirestein, tua ospite, pare abbia comprato una casa. Quei confini si espandevano sotto i miei occhi mentre leggevo il tuo libro, Gomorra, apprezzandone infinitamente la scrittura e la passione intrinseca. Quella stessa passione aveva condotto me in Palestina. Lo stesso desiderio di fare chiarezza, dire al mondo la verità, scoprire il vero significato dell’onore, di cui tu stesso parli spesso: “Spingersi ad agire indipendentemente dalle conseguenze per il solo fatto di credere che esistano delle cose che hanno un valore universale ed è impossibile rinunciarvi a qualunque costo e soprattutto indipendentemente dalle conseguenze”.
Ho vissuto in Palestina fino al luglio scorso, dal mio balcone potevo osservare i confini di Gilo, uno degli insediamenti illegali condannati dal diritto internazionale, quello dove la Signora Nirestein, tua ospite, pare abbia comprato una casa. Quei confini si espandevano sotto i miei occhi mentre leggevo il tuo libro, Gomorra, apprezzandone infinitamente la scrittura e la passione intrinseca. Quella stessa passione aveva condotto me in Palestina. Lo stesso desiderio di fare chiarezza, dire al mondo la verità, scoprire il vero significato dell’onore, di cui tu stesso parli spesso: “Spingersi ad agire indipendentemente dalle conseguenze per il solo fatto di credere che esistano delle cose che hanno un valore universale ed è impossibile rinunciarvi a qualunque costo e soprattutto indipendentemente dalle conseguenze”.
Quell’onore io l’ho visto incarnarsi negli occhi  di N. quando  rinunciava a collaborare con gli Israeliani e per questo  condannava la  figlia a rimanere senza cure ospedaliere, questo onore  l’ho visto negli  occhi di A. quando arrivava a lezione sanguinante dopo  essere stato  picchiato selvaggiamente ad un check point, quell’onore è  dei ragazzini  che tirano pietre contro soldati armati di tutto punto.  L’onore di un  popolo che resiste contro una forza occupante e contro un  progetto  coloniale che ha molte similitudini con quello dell’Apartheid   Sudafricana. L’onore di chi lotta per i propri diritti, riconosciuti da   molteplici dichiarazioni delle Nazioni Unite, dalla Corte  Internazionale  di Giustizia, dalla Comunità Europea.
 Qual è l’onore di  Israele? Qual è l’onore di un progetto coloniale che  ha causato 7  milioni di profughi, 8000 prigionieri politici (di cui  305 bambini  secondo quanto documentato da Defence for Children  International), che  ha trasformato un paese in un formaggio groviera,  scavando sotto i piedi  della popolazione tunnel e autostrade per soli  ebrei, costruendo sulle  pendici delle colline insediamenti illegali per  soli ebrei, bloccando le  strade che portano i contadini palestinesi ai  propri campi e alle loro  case, che ha sradicato come carote uliveti  millenari? Non sto mentendo  Roberto, ogni cosa che dico è stata  selvaggiamente documentata,  selvaggiamente ed inutilmente, a quanto  pare. Uno dei maggiori successi  della propaganda israeliana è  l’oscuramento della realtà storica e  politica dell’occupazione del  territorio palestinese da parte di  Israele.
Quando dici che Israele è un paese accogliente dovresti  infatti  pensare ai 7 milioni di profughi palestinesi nel mondo che non  hanno  beneficiato di tale generosità. Quando definisci Israele una  democrazia  dovresti sapere che un cittadino israeliano arabo non ha gli  stessi  diritti, quando si sposa o compra casa, di un cittadino ebreo.  Dovresti  interrogarti sulla contraddizione insita all’espressione con  cui  Israele stesso si definisce: Stato Ebraico e Democratico. Chi non è   ebreo beneficerà di tale democrazia? Dovremmo infine tutti interrogarci   sulla storia di Israele, quando ci avventuriamo a descriverne la  verità.  Tale storia ci narrerà gli eventi della pulizia etnica  perpetratasi a  danno del popolo indigeno palestinese, dal 1948 fino ad  oggi. Diversi  storici israeliani hanno documentato questa realtà: Ilan  Pappé, Avi  Shlaim, Benny Morris.
Quella storia ci farà capire che non  abbiamo di fronte due popoli  che lottano sullo stesso piano, con pari  diritti: ma un popolo  colonizzatore ed un popolo indigeno, un oppressore  e un oppresso. E la  verità avrà altri occhi. D’altronde, lo hai  ricordato tu stesso,  “verità e potere non coincidono mai”. Per questo ci  si deve allontanare  dal potere per avvicinarsi alla verità. Ecco perché  ti invito in  Palestina: in Shoada Street, a Balata, a Male’ Adumim.  Laggiù anche le  domande più acute si dimostrano inutili di fronte  all’evidenza di un  progetto, di fronte agli occhi umani a cui quel  progetto vuole  strappare lo sguardo. E sono certa che lo scrittore di  Gomorra non  potrà che capire.
 
 
 
Commenti
se fosse davvero scomodo, a quest'ora vivrebbe già da un pezzo in norvegia sotto falso nome.
ciao