Visitate l'Abruzzo. Mafie e Monti


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È la regione dei parchi, una delle aree più verdi d’Europa. Eppure l’Abruzzo è crocevia dei traffici di scorie, di rifiuti, è territorio per gli sversamenti abusivi, cave dismesse e riempite di veleni. Fiumi altamente inquinati, depuratori (tantissimi) che non depurano, con la costa turistica devastata e troppo spesso off limits ai bagnanti. Una regione verde, di mari e di monti, una regione dall’alta vocazione turistica, una regione petrolifera. Sembra un paradosso, ma non è così: sono diverse le concessioni per l’estrazione dell’oro nero presente nel sottosuolo, anche in zone dall’alto valore paesaggistico e ambientale. Una vicenda che non sfocia nel terreno delle mafie, ma va considerata come esempio dell’abuso e dello scempio legalizzato.

Il ciclo dei rifiuti
Già dal secondo rapporto annuale sulle ecomafie, nel 1997, Legambiente avvisa i naviganti: i traffici illegali passano da qui, i camion di rifiuti tossici si fermano nelle tantissime cave e nei tanti luogo desolati della regione. E così l’Abruzzo diventa la pattumiera delle scorie del Nord del Paese. Una delle pattumiere, considerato che il business diventa presto ingentissimo e a occuparsene saranno più di cento cosche di mafia. Un affare enorme, che coinvolge parecchie zone del Belpaese. La commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti rileva una pratica soft: tonnellate di rifiuti urbani, provenienti dalle regioni in emergenza come la Lombardia, inviati nel Centro Italia per essere trattati e recuperati. Un trattamento che avverrà spesso solo sulla carta, anche in Abruzzo. Da segnalare due prese di posizione in stile nimby, quelle dell’allora presidente dell’Antimafia Ottaviano Del Turco e, pochi mesi dopo, quella dell’allora ministro dell’Ambiente Edo Ronchi: l’Abruzzo è un isola verde e felice.

La tendenza
Si continuano ad accendere i riflettori sul pericolo ecomafie. Preoccupa il fiume di fango tossico, quei 270mila quintali di residui di lavorazione industriale scaricati a due passi da Pescara (Legambiente 2000). Preoccupa la presenza sempre più massiccia delle mafie nelle regioni centrali (commissione sul ciclo dei rifiuti, 2001). Quasi dei ponti tra il Sud ad occupazione mafiosa e il Nord da colonizzare. E c’è anche un allarme dal mare: la rotta adriatica per lo smaltimento illegale dei rifiuti (Dossier Codici, 2007).

Il riciclo creativo
Nel marzo del 2007 si scopre un pericolosissimo traffico di rifiuti industriali. Prima l’esportazione in Cina via mare, quindi la trasformazione e poi la vendita in Italia come materiali plastici semilavorati. Così le scorie tornavano ripulite e riciclate in Italia, tra il Lazio, la Campania, la Sicilia e la Lombardia, oltre che l’Abruzzo.

La discarica più grande d’Europa
Cave dismesse e cunicoli, aree deserte e canali di scolo, sono decine i siti utilizzati per ammassare rifiuti di ogni tipo, anche altamente tossici. Ma il caso più eclatante resta quello della discarica illegale di Bussi Sul Tirino (Pescara). Un’area gigantesca lungo il fiume Pescara scoperta nel 2007, 38mila metri quadri, 240 tonnellate di scorie. I dubbi sull’inquinamento della falda acquifera sono a zero: impossibile altrimenti.

Si inquina per legge
L’Abruzzo dovrebbe essere tra le regioni più depurate d’Italia: ha 1300 impianti, una media altissima per i suoi 1,3 milioni di abitanti. Eppure il mare è inquinato e le stagioni balneari sono intossicate dai liquami. In definitiva, quegli impianti non funzionano per mancanza dei fondi necessari. Assurdi da record: la Regione ha condonato i comuni per i continui abusi, e ha innalzato per decreto la soglia dell’inquinamento dei fiumi (+280%).

Il ciclo del cemento
L’Abruzzo è all’undicesimo posto della classifica di Legambiente: sono tantissime le cave illegali, in un territorio che ha il 30% di aree protette. C’è anche l’abuso edilizio selvaggio. Un esempio eclatante: una villetta a Vasto costruita in un’area non edificabile con tanto di autorizzazione comunale.

L’oro sporco
Sono nove le concessioni petrolifere rilasciate dal ministero dell’Ambiente nell’area tra Pineto e Termoli. C’è il progetto di un enorme petrolchimico sulla costa teatina, il Centro Oli (nome ingannevole) dell’Eni a Ortona. Un cento enorme contro il quale da anni si batte, con successo, il Coordinamento per la tutela della Costa Teatina, guidato dalla battagliera Fabrizia Arduini. Il paradosso è sotto gli occhi di tutti: un’area dall’alto valore ambientale (riconosciuto per legge tanto da avviare le procedure per l’istituzione di un parco naturale), la stessa area destinata all’industria pesante. Petrolchimico che arriva in tempo di dismissioni, in un’area che è anche tra le principali aree vinicole del Paese (Montepulciano). Un corto circuito provocato dai cambi al governo nazionale e regionale e comunale. Discorsi politici a parte, uno studio tecnico ha rivelato l’enorme imbroglio che si celerebbe dietro il progetto, che dovrebbe creare occupazione a costi ambientali contenuti: le stime d’inquinamento dell’Eni sarebbero inferiori ad oltre venti volte quelle normalmente calcolabili. Con danni incalcolabili all’economia turistica e vitivinicola.

L'inferno sotto l'Abruzzo
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Mi sono caricato in spalla il candidato alle regionali d'Abruzzo in spalla e l'ho portato sul posto dove vorrebbero sterminare ogni forma di vita e di bellezza costruendo una raffineria che genererebbe piogge acide in un raggio di 60Km: Contrada Feudo, in provincia di Ortona (Abruzzo).
E' stato Carlo Costantini stesso a intervistare le persone del luogo e ad ascoltare le loro testimonianze.
Eccovi il resoconto del viaggio:



L'idrogeno solforato (H2S) e l'anidride solforosa (SO2) sono sostanze tossiche. L'Idrogeno Solforato è classificato come veleno, i suoi effetti sono simili a quelli del cianuro. A basso dosaggio è causa di disturbi neurologici, respiratori, motori, cardiaci ed è collegato ad una maggiore ricorrenza di aborti spontanei nelle donne. Inoltre, è causa di cancro al colon retto.

Agli abitanti della Basilicata non serve leggere l'Atto 1-00084 del Senato della Repubblica per capire che l'acido solfidrico fa male. Lo sanno per eseperienza diretta. Muoiono di tumore: loro e i loro animali, sacrificati sugli altari consacrati all'oro nero. Quarantasette pozzi di estrazione petrolifera che producono l'80% del greggio italiano. E producono anche forti esalazioni di idrocarburi policiclici aromatici e idrogeno solforato, derivanti dal processo di idro-desulfurizzazione del petrolio - ma H2S si ottiene anche dall'estrazione di Gas Naturale.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di tenere le emissioni sotto le 0,005 ppm (parti per milione). Il Governo Federale degli Stati Uniti è più cauto, e raccomanda di tenersi al di sotto di 0,001 ppm. Io sono più cauto ancora: raccomando di non esalare un accidenti di niente.
In Italia c'è una soglia spensierata di 5 ppm, ma questo non vale per ENI, AGIP e il resto dell'allegra compagnia del tumore. A loro il DM del 12 luglio 1990 permette di esalare per 30 parti per milione, ovvero circa seimila volte quanto fissato dall'OMS.

Questo una volta era il bel paese. Oggi è uno stivale incatramato. In america l'attività estrattiva del petrolio è vietata sull'85% del territorio, e chi vuole bucherellare in mare deve tenersi a non meno di 160Km dalla costa. In Norvegia bisogna stare almeno a 50Km al largo. In Basilicata, il 70 per cento del territorio è coperto da permessi estrattivi. In Abruzzo siamo ormai al 50%. L'Abruzzo rischia di diventare un groviera, con ricadute di piogge acide in un'area di 60Km da ogni centro di raffinamento.

Una ricerca dell'Università della California ha studiato gli effetti dell'esposizione a basse quantità di idrogeno solforato sulla vegetazione. Hanno provato prima con 3 ppm. TUTTE le specie analizzate, comprese ovviamente quelle commestibili (spinaci, pomodori, mele, fagioli, legumi, albicocche, piselli, pesche, fagioli, cetrolio, more, broccoli, radicchio, salvia, tabacco, carote, mais, zucche, grano, fragole, peperoni, rose, girasole, melanzane...) soffrivano di danni alle foglie, defoliazione, crescita ridotta e morte. Per chi non avesse dimestichezza con la matematica: noi consentiamo ai petrolieri di esalare veleni dieci volte tanto le concentrazioni alle quali la vegetazione muore.

Propongo di irrorare una volta per tutte di idrogeno solforato il parlamento, avendo prima cura di sigillare porte e finestre. Subito dopo, trivelliamo mezza Arcore. Forse non ci troveremo il petrolio, ma volete mettere la soddisfazione?

Mi scrive Maria Rita D'Orsogna, ricercatrice italiana della California State University, Los Angeles.
Ricevo e pubblico la sua lettera aperta a Gianni Chiodi, governatore della Regione Abruzzo. Quello della Lettera Aperta sulla Grande Balla di Berlusconi, alla quale nè lui nè il suo staff si sono mai degnati di rispondere.
Ma noi sui giornali ci siamo finiti lo stesso.



Per chi volesse inoltrare a Chiodi la lettera di Maria Rita, ecco i suoi indirizzi email: presidente@giannichiodi.com, stampa@giannichiodi.com, comunicazione@giannichiodi.com.

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