Crisi. Come Venezia orchestrò il più grande disastro finanziario della storia
LA PESTE NERA CHE DECIMÒ LA POPOLAZIONE EUROPEA alla metà
del XIV secolo fu causata dal più grande tracollo finanziario
della storia. Al paragone, la Grande Depressione degli
anni Trenta di questo secolo fu un episodio transitorio e di
scarse conseguenze.
Allora, con il tracollo delle grandi case bancarie fiorentine
dei Bardi e Peruzzi, avvenuto nel 1345, si verificò una vera
e propria disintegrazione finanziaria. Oggi, seicentocinquant’anni
più tardi, il rischio è quello di una riedizione dello
stesso fenomeno in cui, come si legge sulle cronache dell’epoca,
“tutto il credito scomparve nello stesso momento”.
Oggi a prevedere questo rischio è Lyndon LaRouche, l’economista
americano la cui analisi sull’inevitabilità del crac è
stata pubblicata da Solidarietà nel luglio 1995.
Già nel corso del 1995 abbiamo avuto le prime avvisaglie
di questa disintegrazione, con le clamorose bancarotte del
Messico, della contea di Orange nella California e quelle di
grandi e prestigiose merchant bank inglesi. Oggi, come nel
Trecento, queste bancarotte sono la conseguenza di “bolle
finanziarie” speculative che crescono paralizzando produzione
e commercio, cioè l’economia reale.
La differenza fondamentale tra il 1345 ed il 1996 è che allora
non esistevano gli stati nazionali. Non c’era un governo
potenzialmente in grado di sottoporre il sistema bancario ad
una radicale riorganizzazione, salvaguardando al tempo stesso
la produzione reale con nuove, esclusive emissioni di credito,
mentre questo sarebbe oggi possibile qualora si riuscisse
ad esercitare pienamente la sovranità nazionale. Allora
questa via di scampo non esisteva e di conseguenza la popolazione
finì per essere decimata. Si calcola che nel periodo
che va tra il 1300 ed il 1450 la popolazione europea si ridusse
del 35-50%, mentre quella mondiale si ridusse del 25%.
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