Sclerosi multipla. Da Harvard ulteriore conferma dell'ipotesi Zamboni.

Questa volta è il professor Rohit Bakshi di Harvard che, dopo dieci anni di ricerche, conferma  l'importanza che ha, per la comunità scientifica, l'ipotesi di un'origine venosa della sclerosi multipla (insufficienza venosa cronica cerebrospinale o CCSVI).

Il 23 settembre 2010, il prof. Bakshi ha incontrato il dottor Zamboni presso l'Università di Ferrara (Italia) e ha descritto il ruolo del ferro nella sclerosi multipla. Tuttavia, i due ricercatori hanno esplorato il sogetto in modo completamente indipendente uno rispetto all'altro. Ma i loro risultati portano alla stessa conclusione: più c'è ferro nel cervello, tanto più c'è un aggravamento della malattia. E questa presenza inopportuna tende a causare un'atrofia di alcune regioni del cervello.
Questo contributo scientifico permette a Paolo Zamboni di dichiarare che un nuovo pezzo del puzzle è stato finalmente inserito.
Egli si adatta perfettamente anche ai risultati dei test eseguiti da Fabrizio Salvi, neurologo e ricercatore, su un ipotetico legame tra stenosi delle vene e la comparsa della sclerosi multipla a causa dell'accumulo di ferro nel cervello.
Il prof. Bakshi è stato in grado di misurare con l'IRM la concentrazione effettiva di ferro nel cervello, cosa che un tempo era fatta con l'autopsia.
Questi sviluppi reclamano l'intensificazione della ricerca (ancora in fase di stallo in Francia), come richiesto da migliaia di persone colpite da questa tragica malattia.
Del resto sono sempre più numerose le persone a recarsi all'estero per beneficiare dell'angioplastica che viene loro rifiutata in patria. Si tratta di intervenire, con questo semplice metodo, sulla separazione della barriera emato-encefalica, eliminando la stenosi venosa. 
Link: lemonde.fr
traduzione di Giuditta.

Sclerosi Multipla guarire eliminando la CCSVI. L'intervento che la Big Pharma non ama.

Connessione tra problemi vascolari e sclerosi multipla nella storia

Il filone di ricerca sulla correlazione tra problemi vascolari e sclerosi multipla ha origini molto remote. Sono numerose le pubblicazioni che hanno incanalato il professor Zamboni a seguire l'intuizione di un problema vascolare legato alla sclerosi multipla. La prima pubblicazione in tal senso risale della seconda metà dell'Ottocento. Nel 1863 il Dr. E. Rindfleisch nota che, in modo coerente e in tutti gli esempi di autopsia del cervello di malati di SM, si vede con il microscopio una vena gonfia di sangue al centro di ogni lesione. Rindfleisch scrive:
"Se si guardano attentamente le zone della sostanza bianca alterate di recente... si percepisce già ad occhio nudo un puntino rosso o una linea al centro di ciascuna lesione... il lume di un piccolo vaso pieno di sangue ... Ciò ci porta a ricercare quale causa principale della malattia, un'alterazione di singoli vasi e delle loro ramificazioni. Tutti i vasi che decorrono all'interno delle lesioni e quelli che sono localizzati nelle zone immediatamente attigue, che ancora sono indenni, si trovano in uno stato di infiammazione cronica."[29]
Nel 1930 il Dr. TJ Putnam, studiando le lesioni, rileva che la trombosi delle piccole vene di piccole dimensioni può essere il meccanismo alla base della formazione della placca. [30] Tale ricerca prosegue nel 1942 ad opera del Dr. Robert Dow e il Dr. George Berglund. I due medici trovano ulteriori elementi che suffragano la tesi venosa come origine delle lesioni demielinizzanti tipici della sclerosi multipla. [31] Nel 1950 i dottori Zimmerman e Netsky implementano ulteriormente le ricerche di Dow e Berglund, e scoprono che le lesioni sono di natura venosa, ma non sono causate da piccole trombosi come nell’ipotesi formulata nel 1930 da Putnam. [32]
Il Dr. Torben Fog, professore danese, nel 1960 riprende questo filone d'indagine, e nota che le lesioni della SM sono prevalentemente intorno alle piccole vene.[33] Egli arricchisce lo studio prendendo in esame 51 placche in due tipici casi di SM. Attraverso l’osservazione di sottili sezioni delle placche e seguendo la loro forma e il loro corso con disegni di ogni sezione, riesce a comprendere che la maggior parte sono prolungamenti delle placche periventricolari e che le placche hanno seguito il corso del sistema venoso.[34]
Nel 1973 presso l'Università di Innsbruck, Alfons Schelling inizia le indagini sulle cause e le conseguenze delle enormi differenze individuali nelle larghezze degli sbocchi venosi del cranio umano. I risultati di questo studio sono pubblicati nel 1978, in Anatomischer Anzeiger, organo ufficiale della Società di Anatomia di lingua tedesca. Nel 1981, presso l'Ospedale per malattie nervose a Salisburgo, individua un ampliamento notevole dei principali circoli venosi attraverso i cranii di vittime della sclerosi multipla. Schelling inizia a mettere insieme, pezzo per pezzo, tutte le osservazioni sul coinvolgimento venoso nei casi di specifiche e particolari lesioni cerebrali di sclerosi multipla.[35]
Schelling scrive: "La differenza di propagazione della pressione venosa centrale in eccesso nel sistema di drenaggio delle vene cerebrali e spinali, è la regola piuttosto che l'eccezione. È sconosciuta l'intensità delle forze esercitate sulle fragili strutture cerebrospinale dal grado di pressione nello spazio craniovertebrale. Vi è la necessità di prendere in considerazione le diverse condizioni che possono causare propensione individuale al più pesante reflusso, in particolare nei compartimenti venosi cerebrali, così come in quelli epi e sub-durali spinali. Un tentativo è stato fatto per indicare eventuali conseguenze di una eccessiva dilatazione retrograda in particolare delle vene cerebrali interne. L'importanza di chiarire le implicazioni neuropatologiche e cliniche del non corretto reflusso nel cranio o alla colonna vertebrale, si deduce dalla probabilità di relazione tra riflusso localizzato nello spazio craniovertebrale e malattie cerebro-spinale non ancora chiarite. A questo proposito le caratteristiche della sclerosi multipla sono in discussione." [36]

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